Sono tanti i motivi per cui è utile effettuare una indagine AbitCare. Pochissimi hanno le informazioni necessarie per decodificare e comprendere i segnali che provengono dall’ambiente in cui viviamo. Dal punto di vista epidemiologico Il quadro sanitario negli ultimi anni si è modificato radicalmente, passando da una prevalenza di malattie trasmissibili tipiche del passato ad un predominio assoluto delle malattie croniche non di natura trasmissibile le cui cause sono multifattoriali ma nella loro insorgenza gioca un ruolo fondamentale il livello di inquinamento e di sostanze chimiche assunte, insieme al tempo di esposizione.
Oltre il 70% degli inquinanti vengono assimilati negli ambienti indoor.
Definiamo prevenzione attiva o primaria” quella forma di prevenzione che ci impedisce di contrarre le malattie, a differenza della “prevenzione secondaria” declinata dalla scienza medica anche come diagnosi precoce delle malattie.
Vi sono patologie che in pochi decenni hanno assunto livelli da vera e propria epidemia come il cancro e le malattie neurodegenerative. Basta solo ricordare che negli anni 60 si ammalava di cancro 1 italiano su 30, oggi 1 su due. La tesi che esse sono esclusivamente legate all’invecchiamento della popolazione non regge più perchè la crescita riguarda tutte le fasce di età compresi i bambini. Dobbiamo considerare inoltre i milioni di allergici e intolleranti, malattie croniche che abbassano comunque il livello di benessere. Ciò impone le persone coscienti del problema di adottare soluzioni di protezione in ambiente indoor dove effettivamente assimiliamo la maggior parte degli inquinanti e delle cause di natura ambientale della malattia cronica . La composizione del cosiddetto “Inquinamento dell’aria” è molto cambiato in questi decenni con una crescita di componenti come le polveri ultrafini e altri inquinanti di sintesi come ad esempio diossine, furani, PCB – policlorobifenili.
Grafico sulle stime future dei malati di alzheimer
La salute è un diritto fondamentale della nostra repubblica. Art. 32 della costituzione italiana. L’articolo scritto 70 anni fa non distingue se il diritto riguarda la cura una volta contratta la malattia, oppure al diritto di rimanere in salute. E’ una differenza sostanziale e servirebbe un intervento chiarificatore del legislatore. La caratteristica di tutte le malattie croniche è che non sono guaribili. Su questa classe di malattie la farmacologia offre soluzioni contro i sintomi ma non è in grado guarire il malato. Un malato di asma, di parkinson, un bambino autistico, un allergico, avranno bisogno di cure e di assistenza per tutta la vita con costi immensi. Con la crescita di questo tipo di patologie il costo sanitario nazionale è destinata a diventare presto insostenibile e dovrà scaricare i costi sui cittadini tagliando i servizi o aumentando l’imposizione fiscale. Il taglio è già in atto, le famiglie se ne sono già accorte. Sulle previsioni epidemiologiche da incubo dell’altzeimer dei prossimi decenni e la relativa sostenibilità delle spese sanitarie indotte si è parlato rigorosamente a porte chiuse al G20 di londra del 2012.
Negli Stati Uniti è nato il termine “Slow Death”, cioè Morte Lenta per significare l’azione dell’inquinamento indoor e i suoi effetti a lunghissimo termine sulla salute. Affrontiamo la malattia quanto insorge, non le cause della malattia che nel caso dell’inquinamento hanno periodi di incubazione in periodi lunghissimi.Semplicemente per differenza quantitativa è necessario concentrarsi maggiormente sulla qualità dell’aria che respiriamo. Un semplice rapporto lo dimostra:
Quotidianamente un adulto assimila:
2 kg di cibi e liquidi
16 kg di aria pari a circa 9720 litri (405 litri/ora)
Un cm3 di aria inquinata prelevata nelle nostre città e nelle aree industriali contiene 300/400.000 nanoparticelle UFP – PM <0.3 – che sono le più pericolose per la salute in quanto dopo pochi secondi dall’inalazione sono in grado di oltrepassare la barriera alveolare ed entrare nel circolo ematico e linfatico accumulandosi nei vari distretti e tessuti del corpo.
Si è già accennato in questo sito ai rischi teratogenici a carico del feto indotti dall’accumulo nell’organismo di inquinanti, di diverse classi di sostanze chimiche e metalli pesanti. Tra questi rischi si annoverano anche quelli relativi ai deficit cognitivi e ai disturbi del neurosviluppo. Da tempo è in atto una campagna che associa la pratica vaccinale con lo sviluppo di autismo post nascita e di comportamenti ascrivibili comunque al suo spettro. Ma ci sono molte altre tesi che sostengono l’origine “ambientale”. Questa teoria si basa sul fatto che l’impiego massivo di sostanze chimiche nei prodotti di consumo, nei cibi e nell’acqua sia una concausa fondamentale nell’insorgenza della patologia e nella sua crescita. Oggi qualsiasi valutazione epidemiologica valida dati da brividi: 1 bambino su 66 ha una diagnosi di autismo (1 su 100 gli studi più prudenziali)
Ad ogni introduzione di sostanze estranee nel corpo corrisponde una risposta immunitaria nel tentativo di isolarla od espellerla. Se sostanze chimiche e inquinamento continuano a bombardare in nostro corpo per lunghi periodi il nostro sistema immunitario raggiunge un altissimo livello di stress. In alcune circostanze il sistema immunitario aggredisce il corpo stesso (patologie autoimmuni). Un sistema immunitario stressato è meno reattivo e predispone il corpo ad una maggiore vulnerabilità nei confronti delle infezioni di natura microbiologica. Si deve aggiungere che l’inquinamento atmosferico e un conglomerato poroso di metalli e composti carbonici, un driver ideale per la introduzione di virus e batteri nell’organismo. Su questo tema si consideri che l’uso indiscriminato di antibiotici soprattutto negli allevamenti intensivi sta producendo la selezione di ceppi resistenti di superbatteri non trattabili da nessun tipo di antibiotico. Le previsioni per i prossimi decenni sono estremamente preoccupanti al punto che l’ OMS (organizzazione mondiale della sanità) considera l’antibiotico-resistenza una minaccia globale per l’umanità.
Sono più di 100.000 le sostanze chimiche presenti in ambiente, nei cibi, nei prodotti di consumo. Gran parte di esse sono state introdotte negli ultimi 100 anni. Possiamo affermare che l’ambiente in cui viviamo ha subito in pochi decenni grazie alla chimica e all’inquinamento una modificazione talmente grande che processi naturali impiegherebbero milioni di anni a realizzare oppure da straordinari eventi apocalittici. La conseguenza di ciò è che il nostro fisico non ha avuto il tempo sufficiente per adeguarsi alle nuove condizioni ambientali, dunque la crescita esponenziali di specifiche patologie. In genere le sostanze chimiche vengono autorizzate dopo che l’azienda produttrice ha presentato le proprie ricerche in merito alla tossicità e agli effetti indotti sugli esseri viventi a breve termine. (Primo conflitto di interesse). In questa fase nessuno si pone la questione degli effetti a lungo termine nè sulla interazione con altre sostanze chimiche introdotte nel nostro corpo(effetto cockatail). Solo all’apparire di fenomeni endemici riconducibili a specifiche popolazioni o territori (malattie professionali, morie di specie animali) gli enti di controllo iniziano indagini che possono durare decenni e dall’esito incerto, in quanto bisogna dimostrare la relazione univoca tra causa ed effetto. Gli organi di controllo sono sotto il tiro delle aziende produttrici (in genere potentissime multinazionali con eserciti di super avvocati ) che minacciamo richieste di risarcimento esorbitanti se la sostanza chimica viene vietata. Il divieto dunque viene continuamente rimandato in attesa di prove inoppugnabili, disattendendo un principio fondamentale che è la tutela della salute delle persone e dell’ambiente per cui dovrebbe essere sufficiente un ragionevole dubbio per sospendere l’impiego della sostanza in attesa che l’azienda produca prove contrarie attendibili. Va ricordato che il TTIP l’accordo di libero scambio in discussione tra Stati Uniti ed Europa prevede l’istituzione di un tribunale sovranazionale per la regolazione dei conflitti tra le diverse normative degli stati appartenenti. Significa che se La UE approvasse questo trattato che prevede l’impiego di alimenti OGM , l’Italia che in questo momento li vieta dovrebbe modificare le proprie normative nazionali oppure risarcire i danni delle mancate vendite alla multinazionale per così dire “danneggiata”.
L’informazione, ma anche la nostra attenzione è sempre stimolata dal sensazionale non dalla routine anche se ad essa appartengono problematiche immense. Dunque un attentato terroristico con qualche morto fa sempre più notizia rispetto ai milioni di morti causati dal cancro che ormai fanno parte della normalità. La forza del business insieme alla natura fatalista dell’uomo fa si che problemi di enorme rilevanza per il genere umano come l’inquinamento, il cambiamento climatico e le enormi concentrazioni di potere sul cibo e la salute ormai nelle mani di qualche decina di multinazionali con bilanci superiori a quelli di molti Stati occidentali non siano percepiti dall’opinione pubblica nelle sue vere dimensioni. Sappiamo però che i controlli sono insufficienti per le dimensioni del mercato e per il numero delle nuove sostanze chimiche introdotte nel mercato ogni anno.
Esiste poi una difficoltà oggettiva nel determinare relazioni certe tra sostanza e malattia, (studi contrari alle evidenze epidemiologiche sono facilmente pubblicabili dalle aziende stesse coinvolte)tale per cui l’ente di controllo e di sorveglianza (EFSA ecc) sono sempre riluttanti nel proibirne l’uso (salvo certezze quasi assolute) per non rischiare richieste milionarie di risarcimento danni. (vedi caso glifosato). E’ certo che fino a quando è l’azienda a produrre gli studi preliminari per l’abilitazione commerciale della sostanza , il business avrà sempre la supremazia sulla esigenza di tutela della salute. (ricordiamo che il malato deve essere curato ergo il malato è un business). In questo scenario difficilmente modificabile nei tempi brevi è fondamentale che ogni cittadino approfondisca il tema e attivi per sè e per la sua famiglia un corretto profilo di prevenzione primaria.
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